LA VERA STORIA DI MARTIA BASILE

Esce per Mondadori il nuovo romanzo di Maurizio Ponticello, una storia vera ambientata nella Napoli del Viceregno spagnolo

 di Anna Petrazzuolo

 

Ogni scrittura cosapevole - e un romanzo è una scrittura consapevole - comporta un'assunzione di responsabilità riferita all'oggetto della narrazione e ai destinatari cui essa di rivolge, ossia i lettori. Nel caso del romanzo storico, tale assunzione di responsabilità vale il doppio poiché l'Autore, scegliendo di raccontare una vicenda ambientata in un passato lontano, è mosso oltre che da svariate pulsioni, anche dal desiderio di portare il suo personale contributo nella comprensione di una data epoca storica. Ed è esattamente questo che Maurizio Ponticello fa nel suo nuovo romanzo: scrivere La vera storia di Martia Basile ha significato, per lui, inserire un tassello di verità nella narrazione che comunemente si propone del XV e del XVI secolo come arco cronologico in cui l'Occidente brillò per gli esiti raggiunti nelle Lettere, nelle Arti e nelle Scienze. Questa versione contiene solo una parte della verità perché, contemporaneamente, l'Occidente covò nel suo grembo un aspetto oscuro e inquietante che si manifestò, poi, attraverso la Controriforma e il clima di circospezione a essa correlato; attraverso la caccia alle streghe, che perseguitò, umiliò e uccise un numero incalcolabile di donne. Nel civile Occidente. A soli 12 anni, Martia Basile viene ceduta in sposa a un bruto il quale, a sua volta, ne farà merce di scambio per riparare le proprie malefatte. Nel civile Occidente. Per scrivere un romanzo così, occorrono talento e coraggio ma, soprattutto, occorre sapersi abbandonare al fuoco sacro della ricerca per scavare e rintracciare la verità, per contrastare i tentativi di censura e di mistificazione della realtà.

 

La vicenda di Martia arriva a Ponticello per il tramite di un cantastorie, Giovanni Della Carretola, contemporaneo di Martia e testimone dei fatti, che riportò nel poemetto La morte di Martia Basile napolitana. Se ne contano una dozzina di edizioni, alcune seicentesche - la prima è del 1624 -, altre ottocentesche e tutte bene accolte dai lettori. L'intento della narrazione è evidentemente educativo e moralistico; lo stile è calibrato su un pubblico poco colto, popolare, sensibile ai dettagli macabri e crudi. Fu proprio in queste caratteristiche che Benedetto Croce individuò il limite dell'opera, che bollò come rozza e priva di dignità letteraria. Questa stroncatura segnò una battuta d'arresto nella circolazione del poemetto e, di conseguenza, nella diffusione della storia di Martia Basile che è, infatti, rimasta a lungo insabbiata. A Ponticello va riconosciuto il merito di averla tirata fuori dall'oblio.

 

 

www.maurizioponticello.it

 

 

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