Undicesimo Comandamento vince il Premio Perelà 2012

Romanzo originale e spiazzante pubblicato da Perdisa Pop, l'opera seconda di Elena Mearini si aggiudica il podio con una storia che racconta di una violenza domestica e delle sue estreme conseguenze

Intervista all'autrice e ad Antonio Paolacci, direttore editoriale di Perdisa Pop 

di Anna Petrazzuolo

 

 

 

 

 

Dopo 360 gradi di rabbia, arriva Undicesimo comandamento. Lì, il tema dell’anoressia; qui, quello della violenza sulle donne. Come nasce questa scrittura sensibile e tenacemente calata nei mali sociali?

Nasce dai richiami del reale. Mi guardo attorno, cammino per le strade, incontro la gente. Non riesco e non voglio ignorare gli strilli del quotidiano, le sue urla d’emergenza. Credo fortemente nel ruolo sociale della scrittura, nella responsabilità civile di un autore.


Crede che la letteratura possa incidere concretamente sulla realtà?

La letteratura, quella vera e onesta, può  agire chirurgicamente sulla realtà. La parola sa essere il bisturi che estrae il proiettile dalla ferita.


Il segno di riconoscimento della sua prosa è il linguaggio figurato. Da dove deriva la ricerca assidua di immagini metaforiche evocate a supporto delle parole?

La metafora è tipica del ficcanaso, e io lo sono. M’impiccio a fondo delle cose, e trovo immagini che altrimenti rimarrebbero nascoste e sconosciute.


L’apprezzamento più gratificante che ha ricevuto per questo libro.

Quello di una giovanissima ragazza che, dopo aver letto Undicesimo Comandamento, mi scrisse: “Il tuo romanzo mi ha svegliata”. Ecco, convincere qualcuno a tenere aperti gli occhi, e vedere sempre, comunque. Per non sfuggire alla verità, qualunque essa sia.

Una citazione da Undicesimo comandamento che stamperebbe sulla sua T-shirt.

Preferisco che ogni lettore si scelga la propria. Io,  mi stamperei una frase di Pessoa tratta da  Il libro dell’Inquietudine: “La vita è ciò che facciamo di essa”.


Grazie.

Il mio grazie a voi, a tutti coloro che ci hanno creduto, donandomi un risveglio.

 

Lei dirige per Perdisa Pop Arrembaggi, collana di testi d’eccezione. Quanto è difficile, oggi, rintracciare scritture che si differenziano dalla massa?

È più difficile che in passato, dal momento che in editoria si è imposta una ostilità ingiustificata verso le scritture originali, considerate a torto meno vendibili, il che ha spinto molti autori a scrivere storie più in linea con questa logica. Però ci sono scrittori e scrittori. Le voci che si differenziano e gli autori di talento non mancano, né credo mancheranno mai. Oggi è solo più difficile ottenere per loro l’attenzione che meriterebbero, per via di quella ostilità ingiustificata che dicevo.


Dal suo osservatorio privilegiato, saprebbe dire dove sta andando la letteratura?

Negli ultimi anni è cambiato l’immaginario (personale, collettivo, culturale) e stiamo assistendo a modifiche importanti anche alle abitudini sociali, alla comunicazione e all’informazione, quindi ai modi stessi di fare cultura. La letteratura deve fare i conti con questi mutamenti, che non sono per niente semplici, perché riguardano il linguaggio, lo scenario, le idee. Penso che gli autori più interessanti di oggi siano quelli alla ricerca di altre verità, di immagini diverse dalle più consolidate, di punti di vista alternativi. Spesso questi autori sono poco conosciuti, ma stiamo parlando appunto di letteratura, non di editoria o classifiche di vendita, e si sa che in letteratura il successo immediato di pubblico non è mai stato un buon metro di giudizio.


Quali autori è soddisfatto di aver portato alla pubblicazione?

Salvo poche eccezioni, tutti. Succede di pentirsi di una scelta o di farne altre a denti stretti, ma finora a me è successo di rado. Premesso ciò, sono particolarmente soddisfatto del 2012 di Perdisa Pop, che mette insieme autori tra loro diversi ma che hanno in comune l’originalità e il lavoro accurato sulla propria voce. Tra questi, vorrei qui segnalare almeno Laura Liberale, autrice di Madreferro, che è stato pubblicato nella stessa collana di Undicesimo comandamento e conferma il talento di una vera scrittrice.


Alla prima lettura, cosa l’ha colpita di Undicesimo comandamento?

La scrittura. Già dalla prima pagina si sente un’attenzione assoluta al peso del linguaggio. Elena lo lavora fino a restituire al lettore il potere evocativo della parola. In Undicesimo comandamento ci sono momenti in cui la trama passa quasi in secondo piano, pur restando sempre importante e coinvolgente: diventa esempio o semplice contesto, per dare alla parola la possibilità di descrivere qualcosa di molto più ampio.


Perché leggere Undicesimo comandamento?

Perché va oltre la banale individuazione di un colpevole ovvio: racconta il misterioso desiderio umano di abbracciare il dolore, e la reazione allo stesso dolore, mostrando quanto possa essere labile il confine tra l’uno e l’altra. Perché riesce a dirci cosa può nascondersi dietro alcune scelte in apparenza prive di senso. Perché è scritto in modo unico e davvero affascinante.


Grazie.

Grazie a lei, per l’intervista e per la serietà con cui è organizzato il vostro premio.


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