A carte scoperte: genealogia di un successo letterario

"La solitudine dei numeri primi", l'esordio di Paolo Giordano conferma l'importanza della collaborazione tra autore e editor

di Anna Petrazzuolo
 
 
 

Chi ha detto che per leggere un libro bisogna iniziare dalla prima pagina? Pur senza alcuna ambizione decostruzionista/demaniana, nell’approccio a La solitudine dei numeri primi è di certo più istruttiva una lettura a ritroso che abbia il suo punto di abbrivio nella sezione paratestuale riservata ai ringraziamenti. Se il più delle volte si risolve in un doveroso tributo di carattere sentimentale che nulla aggiunge alla comprensione del testo, in altre occasioni questa appendice finale costituisce un inserto prodigo di informazioni che il lettore più avvertito sa filtrare e rielaborare con profitto. Il bestseller dell’estate 2008 si ascrive, per l’appunto, nella seconda di queste categorie.

 

Nel caso esista ancora qualcuno convinto che l’opera letteraria è una creazione dell’Autore sic et simpliciter, Paolo Giordano (nella foto) ha il merito di svelare – più o meno intenzionalmente – le procedure tecniche attraverso le quali dall’idea iniziale si giunge a confezionare un romanzo che vince il Premio Strega e scala le classifiche di vendita. Insomma, una macchina da guerra. E non c’è da sorprendersi se, a conti fatti, il libro in questione appare come un “prodotto di filiera” che passando di mano in mano viene ripulito, corretto, arricchito, perfezionato e, infine, portato a compimento.  

Cresciuto tra il rigore della fisica e la libertà dei mondi letterari, Giordano si iscrive poco più che ventenne alla Scuola Holden per avere uno spazio ben definito all’interno del quale esercitare quella che insieme alla musica rappresenta la sua passione, ossia la scrittura. Tra i suoi insegnanti, Pietro Grossi ed Emiliano Amato. Durante le lezioni stringe amicizia con Raffaella Lops, francesista che per prima nota il talento del giovane compagno di corso: è lei a fargli da editor e da agente correggendo i suoi racconti e inviandoli alla rivista «Nuovi Argomenti». Ed è ancora lei a sostenerlo, incoraggiarlo e motivarlo nella stesura del romanzo. Nasce così, come somma di accidenti, il primo nucleo del libro che sta conquistando lettori di ogni età. Tutto il resto è opera degli editor a cui la Mondadori ha affidato il manoscritto: Antonio Franchini, Joy Terekiev e Giulia Ichino. A loro si deve l’invenzione del titolo, a loro si deve la scelta dell’explicit, a loro si deve l’accorgimento stilistico per il quale la complessità del linguaggio narrativo è direttamente proporzionale allo status anagrafico dei due protagonisti (astuzia, questa, che mai sarebbe potuta uscire dalla penna di un esordiente).

 

All’insieme di eventi e di soggetti che a vari livelli hanno partecipato a La solitudine dei numeri primi, Paolo Giordano indirizza la sua gratitudine. Dunque, un lavoro dichiaratamente di squadra dietro un libro che potremmo quasi dire ‘corale’ per la concentrazione di maestranze che ne ha reso possibile il successo.

 

 



 

 

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